Open dialogues: Paola Calcatelli

a cura di Margeret Sgarra, curatrice di arte contemporanea

Paola Calcatelli è un’artista visiva specializzata in fotografia e installazioni polimateriche con una predilezione per il ghiaccio e i materiali metallici. Al centro della sua ricerca troviamo i concetti di trasformazione e memoria. Ha esposto in numerose mostre collettive e personali.

 

La tua ricerca artistica trova espressione nella fotografia e nelle installazioni effimere che hanno come soggetto il ghiaccio. Cosa ti ha portato a scegliere questa modalità espressiva?

La consapevolezza del fatto che tutto ciò che ci circonda è soggetto all’evoluzione e al cambiamento, la sensazione che la permanenza delle cose e dei fenomeni sia illusoria. Ogni tentativo di sottrarsi a questa legge cosmica crea agli esseri umani dolore, mentre l’abbandono fiducioso, quando è sincero, ci consente di vivere serenamente.

La trasformazione e l’impermanenza sono tematiche a te care. Da dove nasce questo interesse?

Pratico Yoga e meditazione da molti anni, l’idea dell’impermanenza è molto presente nella cultura orientale. Si tratta di un concetto che è stato assorbito dalla cultura occidentale, che l’ha fatto proprio in diverse epoche e con declinazioni varie.

Attraverso i tuoi lavori quali emozioni vuoi suscitare in chi ne fruisce?

Con i miei lavori spero di far risuonare nell’animo di ognuno sentimenti e sensazioni che riconosciamo profondamente. Cerco di parlare alla parte istintiva di ognuno, aggirando, quando possibile, la barriera della mente razionale.

Ci sono degli artisti a cui ti senti maggiormente legata e che sono per te fonte di ispirazione?

Sono affascinata dagli artisti della storia antica ma anche moderni e contemporanei, che hanno cercato di catturare il senso del mondo intorno a noi utilizzando la geometria e il rigore formale. Anche se in qualche modo potrebbe sembrare contraddittorio, in realtà penso che più profondamente rispetto ad altri abbiano saputo riconoscere ed esprimere il senso del sacro e del mistero presente in ogni particella del mondo che ci circonda. Piero della Francesca è uno dei miei artisti preferiti, ma mi affascina molto la profondità di Jan Vermeer. Tra i moderni Francesco Casorati. Mentre tra i contemporanei Olafur Eliasson.

Come abbiamo già detto, nel tuo lavoro sono presenti installazioni effimere di breve durata la cui fruizione è temporanea. Cosa pensi dell’arte effimera che si disgrega in un tempo limitato?

In realtà tutto è effimero. E se pensiamo all’enorme lavoro profuso per la conservazione dei beni artistici nel mondo e nello specifico in Italia, ci rendiamo conto che se percepiamo le opere contemporanee come effimere è solo perché hanno un tempo di deterioramento più rapido rispetto a quelle del passato. Moltissimi artisti contemporanei creano di proposito opere destinate a deteriorarsi velocemente oppure a trasformarsi nel corso degli anni. Penso che sia un segno della percezione che gli animi sensibili hanno della transitorietà e dell’incertezza del tempo che stiamo vivendo. E non mi riferisco solo agli artisti visivi, bensì anche agli scrittori, sociologi, filosofi. La nostra epoca è stata descritta in modo molto evocativo come un universo liquido, in perenne mutazione, dove gli esseri umani faticano a trovare appigli e approdi sicuri.

Cosa ti affascina nella fotografia?

La fotografia ci consente di fermare per un attimo lo scorrere del tempo e ci permette di osservare con distacco il mondo che ci circonda. Non uso elaborazioni in post produzione e gli effetti che creo in alcune delle mie immagini sono realizzate con l’utilizzo di specchi o grazie alla scelta dell’inquadratura. Penso che il punto di vista che adottiamo nell’osservazione della realtà, e in questo caso nella realizzazione di uno scatto, possa aprire la porta a visioni del mondo inusuali e profonde.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Vorrei lavorare su alcuni temi che mi hanno attratta ma che non ho approfondito quanto avrebbero meritato. In questo particolare momento storico trovo molto attuale l’idea della separazione e della frattura e, allo stesso tempo, della riconciliazione attraverso il dissolvimento delle barriere.