Open dialogues: Roberta Bertazzini

a cura di Margaret Sgarra, curatrice di arte contemporanea

Libero arbitrio

Roberta Bertazzini, artista visiva con una predilezione per le opere a carattere installativo, realizza opere polimateriche che si articolano nello spazio e che si prestano a più interpretazioni. Fondamentale è il rapporto tra struttura e concetto, espressione e forma. Aspetti che, nella maggior parte dei casi, dialogano con il fruitore. In questo modo lo spettatore acquisisce un ruolo di rilievo all’interno del processo creativo, pur restando anonimo.

Quando hai capito che avresti portato avanti un’indagine artistica e perché?

Equilibre

In effetti è realmente esistito quel preciso attimo in cui ho percepito di avere davanti a me una strada da percorrere in questo affascinante mondo della “creatività”. Ma, per quanto possa sforzarmi, anche interpellando la memoria non ricordo quel momento esatto. Di fatto ho come la sensazione che sia sempre esistito, lì accanto, presente in me sotto forma di “urgenza”, una sorta di spinta inspiegabile alla quale non ho mai voluto dare risposta, privilegiando il viaggio con intraprendenza e un pizzico di sana follia. Il motivo per il quale dedico tutta me stessa è semplice e totale gratitudine verso ciò che mi è stato dato in dono, un dono prezioso da restituire alla collettività condividendolo.

Anitya

Quali sono i tuoi riferimenti artistici e cosa ti hanno trasmesso?

Amo esplorare ogni forma artistica, anche le più insospettabili, come la scienza che sembra essere un groviglio pragmatico, ma per me totalmente “creativa”. Amo osservare e immergermi nella forma d’arte in assoluto più elevata che esista, ovvero madre natura e lintero universo che ci circonda. Amo esplorare il visibile e l’invisibile con la stessa intensità, seguendo un ritmo sincopato al quale non riesco mai a dare una forma precisa. Lascio semmai che essa possa plasmarsi in forma arbitraria, seguendo il flusso sanguigno. La musica e le parole sono comunque tra i mondi che frequento con maggiore passione per la loro capacità di attraversarmi corporalmente, emotivamente e spiritualmente. I miei “riferimenti artistici” mi lasciano sempre letteralmente senza fiato.

Mappe

Materiali tessili, objets trouvés, strutture metalliche, in vetro, componenti effimeri si alternano e dialogano all’interno della tua poetica. Come scegli gli elementi strutturali all’interno del tuo lavoro?

Non sono io che li scelgo, ma sono loro che scelgono me. Spesso li incontro inciampandoci dentro, oppure li ritrovo in ricordi infantili impressi in una memoria profonda. In molti casi invece li sogno e, nel pieno della notte, mi alzo e prendo appunti perché si sa, al risveglio di solito svaniscono. A volte compaiono mentre sto conversando con qualcuno, arrivano parole immagini che spesso mi conducono ad una risoluzione, a un materiale che non avevo considerato. La curiosità e l’istinto sono i miei primari “fornitori”.

Anitya, dettaglio

Molte tue opere hanno un intento relazionale che mira al coinvolgimento del fruitore sotto diversi aspetti. Quanto è importante per te la ricezione della tua ricerca? E quando sei pienamente soddisfatta di questa interazione?

Coinvolgere e condividere sono elementi e intenti fondamentali, non solo artisticamente parlando. Ogni forma artistica deve, e sottolineo deve, essere a disposizione della collettività in quanto ne ha pieno diritto per nascita. Mi è difficile esprimere ciò che mi “attraversa” senza lasciarlo svincolato, affinché attraversi chi vuole “essere attraversato”. Questo è un dettaglio importante, perché la ricezione è un libero accesso per ogni individuo che, dotato di sensibilità, porta la propria storia e il proprio viaggio. Ogni volta che coinvolgo la collettività, non mi aspetto riscontri tangibili. Nel momento in cui lasci la porta aperta, sai che non tutti sono pronti ad attraversarla. E, per l’esperienza che ho avuto, i risultati più eclatanti ed emozionanti sono arrivati proprio da chi si è fermato sull’uscio. Porterò avanti questo modus operandi in quanto fonte di piena soddisfazione e gratitudine.

Rosso Rubino e Rubizzo

All’interno del tuo studio ogni opera presente riflette parte del tuo vissuto e delle tue esperienze personali. La trasmissione della propria interiorità attraverso i propri lavori è per te un aspetto fondamentale dell’essere artista nella contemporaneità?

Portare se stessi è una condizione necessaria non solo per me, ma per chiunque voglia liberare il proprio senso di “urgenza”. Uso spesso questo termine perché rende perfettamente l’idea di cosa può accadere durante questo straordinario viaggio che è la vita. Poter esprimere ciò che intimamente ci contraddistingue attraverso l’arte, che sia pittura, scultura, poesia, danza o musica, ha un vantaggio enorme, oltre ad essere una grande responsabilità. In altre parole ti metti completamente a nudo senza però essere visto per come tu vedi la tua “nudità. Intendo dire che resta sempre quel velo misteriosissimo che solo l’artista ha vissuto nell’intimità del suo “nido” creativo, e non c’è nessuna forma che può descriverlo come in quell’istante. Questa io la chiamo magia.

Habitus

Una caratteristica ricorrente nelle tue installazioni è la messa in scena dell’equilibrio, che viene rappresentata da un bilanciamento visivo, materico o concettuale. Che rapporto hai dunque con l’elemento equilibrio?

L’equilibrio è una danza, un moto perpetuo, mutevole, inconsistente, impermanente, voluttuoso, sensuale, nutriente, giocoso, imperturbabile. L’equilibrio è la capacità di sondare la nostra fragilità come immancabile risorsa, è una vela gonfia di vento, è infinita cromia. L’equilibrio è l’abito che non indosserò se non per pochi istanti. L’equilibrio è pelle nuda e chioma sciolta mentre guardo il blu.

 

Se dovessi indicare una sola opera d’arte che ti sta particolarmente a cuore, cosa mi diresti e perché?

L’opera d’arte che mi sta particolarmente a cuore è quella che ancora non ho fatto, quella che ancora non esiste nella mia testa, nel mio cuore, tra le mie mani, perché la parte più avvincente è il “preludio”.