Elisa Zadi/ L’atto pittorico come ricerca di verità e bellezza

a cura di Romina Ciulli e Carole Dazzi

Bruciare illusioni, PicNic (2023)

Il ritratto, e l’autoritratto, sono le forme con cui l’artista Elisa Zadi indaga il legame fra uomo e natura. Una ricerca che spazia dalla pittura all’installazione, dalla performance fino alla poesia, e che per mezzo di un percorso intimo e introspettivo si sofferma su questioni legate alla femminilità, all’identità, e alla conoscenza. Nelle sue opere la figura umana si staglia in tutta la sua schietta e raffinata frontalità, dando vita a una narrazione non solo pittorica, ma sopratutto antropologica ed esistenziale. Emerge così un atto creativo spontaneo e suggestivo, spesso rappresentato attraverso l’idea frammentata dei polittici, dove le immagini sembrano avvalersi di una connotazione simbolica per riflettere sulla complessità e fugacità della realtà quotidiana e delle relazioni umane.

Un modus operandi che le permette di approfondire di volta in volta concetti come la verità e la bellezza, e di esprimere un mondo interiore profondo e seducente. Ritroviamo queste tematiche nelle sue opere, da Florilegium – Cruentum (2024) a Bruciare illusioni (2023), da Il tempo perduto (2022) a Mondi possibili (2021), da Status – inizio (2022) fino a Opera Viva (2021). Di seguito una conversazione con l’artista.

Nelle tue opere utilizzi i soggetti femminili come simboli concettuali di una ricerca personale e collettiva. Figure femminili, delineate con una palette di colori tenui ma vibranti, che svelano la parte più nascosta delle loro emozioni grazie a un processo di rinnovamento identitario. Puoi spiegarci come nasce questo tuo atto creativo?

Alium – Le tre donne, Mondi possibili (2021)

Le figure femminili che utilizzo sono simboli concettuali di una ricerca personale e collettiva riferita al femminino e legata all’archetipo della Madre come principio creativo. Figure e natura coesistono in una realtà pittorica che tenta di esplorare questa dimensione generativa. L’atto pittorico è una genesi di per sé, un rituale quotidiano che mi è necessario per capire la realtà. Qui mi pongo in ascolto e come tramite, cercando di interpretare, attraverso le immagini che si rivelano, un preciso sentire. Le mie opere nascono così spontaneamente per associazioni di immagini, direttamente sul supporto del fondo grezzo della tela di tessuto che preparo appositamente. E’ da una sensazione o un ricordo, da un’immagine pregnante che emerge dalla memoria, o nella bellezza del presente che osservo che nasce il desiderio di conoscenza e sono spinta a fissare sulla tela un primo elemento formale. Da qui in poi sono presa a seguire un viaggio e a comporre le opere che si creano seguendo quel preciso sentire. Cerco di interpretare le sensazioni e lasciarmi guidare da esse, in maniera onesta e senza timore verso il non-conosciuto, che è anche mistero creativo. Quindi la contingenza, l’accettazione dell’ignoto, il non aver idee prestabilite o pieno controllo concettuale e materico sull’opera, sono per me una scelta che trovo aderente alla realtà sensibile che vivo e da cui sono circondata. I colori tenui sono spesso ottenuti miscelando pigmenti naturali a resina ed essenza di trementina in una diluizione variabile fra materia e trasparenza pittorica, alcune volte direttamente sulla tela senza pieno controllo, sperimentando in campo un’alchimia coloristica che ricerca l’armonia con il suo tutto. La tavolozza ha tonalità leggermente abbassate per avvicinarsi a quell’idea primigenia di rinascita e rinnovamento identitario che l’atto creativo rende ogni volta nuovo, come un’epifania.

Florilegium (2024)

La natura è spesso al centro dei tuoi dipinti. Una natura dalle caratteristiche di donna e di madre, che esprime tutta la sua forza selvatica ma anche la sua fragilità. Come nella raccolta Florilegium – Cruentum (2024), dove l’accostamento di alcune piante specifiche genera una dimensione metafisica in cui si instaura una connessione tra l’essere umano e quello naturale. O, se vogliamo, tra il mondo interiore e quello esteriore. In che modo la natura influenza il tuo lavoro?

La natura è per me una sorta di specchio, uno stargate posto fra la mia interiorità e l’esteriorità. La natura accompagna il mio lavoro, ha il potere di riconnettere me stessa al senso profondo dell’esistenza e dell’appartenenza a essa. Quando sono nel bosco avverto un’energia diretta e forte che mi coinvolge in un legame indissolubile e mistico, che io traduco poi in forma creativa. La Natura è generatrice, Madre per archetipo e, in questo senso, l’associazione al corpo femminile è sorta spontaneamente. Le piante che scelgo sono spesso selvatiche, rustiche e resilienti, a volte dall’aspetto contundente, sono protezione ma anche estensione di una sofferenza, una minaccia che rende tutto instabile

Lilium Cruemtum II (2024)

e precario. C’è sempre un qualcosa di sinistro suggellato da una metafisica onirica di una dimensione che sembra perfetta e ideale, ma che in verità porta con sé la precarietà della realtà contemporanea che stiamo vivendo. Percepisco contemporaneamente forza e fragilità, e ogni sensazione diventa vera nella sua antitesi. Credo che i piccoli avvenimenti quotidiani, come lo schiudersi di un fiore o una catastrofe, abbiano lo stesso valore su scale diverse e siano comunque interconnessi fra loro anche a distanza di spazio o di tempo. Per questo nella pittura queste forze possono agire, concentrarsi, mescolarsi e cambiare in armonia. Il tempo e lo spazio sono circolari, eterni, interiori e relativi, e in tutto questo sento una grandissima libertà di sperimentazione e creazione che spinge in avanti il mio lavoro.

Bl Fenice, Bruciare illusioni (2023)

In Bruciare illusioni (2023) sfrutti le possibilità dell’autoritratto per riflettere su tematiche quali l’identità e l’appartenenza femminile. Si sviluppa in questo modo una narrazione pittorica che, utilizzando la simbologia del fuoco, sembra (ri)condurci alla nostra autenticità. Perché prediligi proprio questa forma pittorica per portare avanti la tua ricerca artistica?

In questa serie pittorica ho esplorato, attraverso la simbologia del fuoco, il concetto di distruzione delle illusioni e delle false conformità imposte dal contesto culturale in cui viviamo per permettere un risveglio che ci ricolleghi alla nostra essenza. Il fuoco è così simbolo di passioni ardenti, di distruzione, ma anche di rinascita che, come nell’opera “Fenice”, ha in sé il potere di risorgere dalle proprie ceneri. In questo caso l’autoritratto è stato congeniale a rivendicare una posizione identitaria, una sorta di rivalsa dell’individuo sul contesto sociale sempre più omologante e repressivo. Avverto una prevaricazione, non solo di genere, ma un potere sociale violento di fondo che tende all’annientamento spirituale e solidale. Il mio comparire, la mia immagine come presenza, la ripetizione di alcune pose, come atto volontario e ossessivo, vuole essere una risposta a questa tendenza di annullamento, una resistenza, una speranza di cambiamento, un riscatto e affermazione dell’essere piuttosto che una cessione a questa distruzione identitaria.

Saturnia ritorna, Mondi possibili (2022)

Un’altra tematica costante dei tuoi lavori è quella della verità. La serie di opere Mondi possibili (2022), per esempio, si ispira alla nozione di mondi possibili del filosofo G. W. Leibiniz, ovvero alle idee di mondi perfetti presenti nella mente di dio, per andare alla ricerca della verità e, di conseguenza, della conoscenza di sé e del mondo. Un percorso non privo di illusioni ma che, nonostante questo, sembra emanare un certo fascino e una certa seduzione (lo metteresti?). Puoi raccontarci questo progetto?

Il progetto nasce proprio dalla riflessione sull’idea di Realtà e Verità. Di come questi due concetti spesso coincidano in quello che osservo, originando una sorta di bellezza legata al sublime. La migliore realtà possibile è quella che esiste. La natura ne è sempre il migliore esempio. Prendiamo un fiore o una pianta: la manifestazione della sua esistenza è unica e la migliore possibile. Cresce in un dato luogo, in un preciso momento e testimonia un passaggio importante di questa Realtà che è anche Verità. Questo vale per tutto in maniera universale: ogni cosa rappresenta la migliore versione possibile di se stessa in base alle circostanze. Anche questa realtà che stiamo vivendo, nonostante tutto, è la migliore possibile. Questi concetti sono stati una sorta di innesco sulla visione delle cose che mi circondano, mi hanno dato una forza ispiratrice profonda. E la mia pittura è cambiata e io con essa. Le Verità di fatto sono contingenti, libere e vere solo nel mondo possibile che esiste. Le infinite verità si manifestano, a volte si fanno trovare, altre dobbiamo capire,

Volevo nascondermi, Mondi possibili (2022)

giudicare se queste sono vere, autentiche. La mia pittura cerca questa Verità, la migliore possibile a me concessa. Le mie opere non cercano nessun effetto decorativo, tantomeno nessun talentuoso tecnicismo. Mi concentro sull’esperienza del fare, sull’introspezione della ricerca come necessità. La pittura come l’installazione, la performance o la poesia sono un mezzo che mi consente di sperimentare e vivere l’atto creativo nella sua essenza. Le mie opere nascono così dall’onestà intellettuale del sentire i miei limiti, di indagarli attraverso una pulizia della visione che porta alla semplicità dell’essere, all’hic et nunc. Cerco sempre di rappresentare la realtà come è in quel momento, senza idealismi. Solo così posso tentare di restituire alla bellezza la sua autenticità. Ed è proprio nel manifestarsi miracoloso della bellezza e dei miei limiti nel coglierla che ho iniziato a riflettere e lavorare su quelle che poi sono diventate le opere di una serie che sto ancora portando avanti che ho chiamato”Mondi Possibili”.

Il tempo perduto (2022)

Alla metafora della “liquidità” del sociologo Zygmunt Bauman si riferisce invece il progetto Tempo perduto (2022). Qui la tendenza effimera, “fluida”, in continuo mutamento della realtà e delle relazioni umane è resa attraverso una serie di pennellate che passano dalla dissolvenza alla materializzazione, dai disegni preparatori ai soggetti colorati e ben definiti. Una sorta di sovrapposizione intellegibile che rende la pittura quasi un racconto scritto. Puoi spiegarci il motivo di questa scelta?

Voglio che nella mia opera tutti i passaggi siano visibili e chiari come se fosse una scrittura. Dalla preparazione del supporto in tessuto grezzo alle figure che emergono da esso, cerco di valorizzare ogni passaggio del processo creativo, rispettando sia il disegno che le zone di colore, il tempo di esecuzione e la contingenza. Le campiture di colore molto diluite e lavorate in orizzontale, vogliono esplorare proprio la casualità attraverso il fluire libero della materia e accettarla come valore di non-controllo, un limite inevitabile presente anche nella mia esistenza che io cerco di accogliere e integrare nella pittura.

Il tempo perduto 2 (2022)

E così le sovrapposizioni simboleggiano relazione ed empatia, una sorta di fusione fra gli elementi che compaiono nella tela, esplorando equilibri fra pieni e vuoti, in cui lo sfondo grezzo della tela diventa spazio metafisico e scenico di una vibrazione cromatica turchese che da tempo accompagna il mio lavoro. Alcuni elementi poi si ripetono per soggetto o per postura, ostentando la loro presenza come un eco lontano che chiede di emergere ed esistere nella storia dell’opera pittorica. E così nasce un titolo proustiano “Il Tempo Perduto”, in cui una serie di figure cercano una connessione tra di loro e con la natura. Le opere rappresentano la sfida di far parte di una realtà in continuo cambiamento e movimento, secondo le teorie di Bauman sulla liquidità delle relazioni umane e sulla precarietà. Questo lavoro vuole riflettere e indagare sulla complessità e l’effimero della vita moderna, in cui le relazioni umane e la connessione fra esse e con la natura possono sfuggire e cambiare facilmente.

Status – inizio (2022) è un’installazione pittorica site-specific realizzata per rimarcare l’importanza del legame uomo/natura. L’opera prende spunto infatti dal mito della caverna di Platone per creare un percorso immersivo simbolico e concettuale. Puoi parlarci di questo progetto?

Status-inizio (2022)

La fruizione di un’opera d’arte dovrebbe essere un’esperienza sensoriale e sinestetica che possa ricondurre lo spettatore a esplorare il concetto di scoperta e meraviglia. In questa opera ho cercato di risvegliare questo senso e rendere l’idea di una caverna, illuminando l’opera con luce naturale di candele attraverso un’installazione pittorica che invitasse lo spettatore a fare un percorso spaziale di movimento intorno e dentro l’opera. Lavorare in un luogo site-specific innesca un senso profondo di relazione fra l’opera e lo spazio, muovendo un sentimento di appartenenza al luogo che diventa logos. E così il mito della caverna di Platone è stato un riferimento, pensando che la fruizione dell’opera potesse essere simbolicamente vissuta come un’esperienza e che portasse lo spettatore a porsi domande e a essere stimolato ad andare oltre l’osservazione, verso una luce simbolica e interiore. Avvicinandosi alle opere pittoriche che compongono l’installazione e che rappresentano gli elementi costituenti, terra, fuoco, aria, acqua, ho pensato che lo spettatore potesse in questa esperienza essere risvegliato anche nella propria sensibilità ancestrale.

Opera Viva (2021) è invece una performance realizzata grazie alla complicità del pubblico. Un’opera interattiva che nasce sul momento, che si basa sull’osservazione dell’altro e che dà vita, attraverso un atto pittorico condiviso, all’immagine di un volto mai uguale al suo riflesso. Puoi raccontarci com’è nato questo progetto e quali reazioni intendevi provocare nello spettatore?

Opera viva (2021)

Opera Viva fa parte di una serie di performance relazionali (come “Cara Enfanta” e “Blu Guado”) che sperimento per capire meglio la relazione con il pubblico, cercando di renderlo partecipe e protagonista dell’opera. Spesso, infatti, lo spettatore fa esperienza dell’opera compiuta e ne rimane distaccato, la fruisce solo dopo la sua realizzazione. Con queste opere io vorrei invece azzerare questa distanza e invitarlo alla creazione, farlo diventare protagonista attivo nel divenire dell’opera. In questo caso, in “Opera Viva”, noi diventiamo partecipi e complici dello stesso atto creativo, mettendoci entrambi sullo stesso piano di confronto e relazione con noi stessi e contemporaneamente con l’altro, attraverso sia l’osservazione allo specchio che l’osservazione diretta del nostro volto. E la restituzione motoria di un disegno sensoriale ed estemporaneo che creiamo va a raffigurare un volto, spesso il nostro, ma che poi diventa per forza di cose universale. La struttura basculante posta al centro dell’opera è barriera e “portale”, schermo e nascondiglio di un’osservazione libera che innesca con il partecipante un’esperienza intensa e creativa. La brevità di tempo costringe a una concentrazione e a una pulizia da idee preconcette su ogni cosa. Si è mossi ad agire seguendo un impulso espressivo che libera e unisce nella condivisione e complicità che si crea al momento, scoprendo così un’intimità comune e una conoscenza dell’altro che, grazie alla creazione, vanno oltre i canoni convenzionali. “Opera Viva” diventa così un’esperienza conoscitiva che utilizza il mezzo pittorico come tramite di un dialogo muto, fatto di osservazione e restituzione diretta e che si esprime attraverso le leggi universali di comunicazione dell’immagine.

Iris II, Della Malincholia, (2024)

Ci sono degli artisti che hanno ispirato o che continuano a ispirare il tuo lavoro?

Sono continuamente ispirata da quello che mi circonda, sia dalla semplicità degli avvenimenti quotidiani, che dall’arte in varie forme. Oltre la pittura per me sono molto importanti la musica, la poesia e il cinema. Ovviamente ci sono sempre figure storiche e indelebili di Maestri come Piero della Francesca, Pontormo e Michelangelo, ai quali si affiancano periodicamente esempi contemporanei. Tutti questi artisti formano un immaginario intimo e familiare che, in maniera dialogica, si e mi arricchisce ogni volta nell’esperienza di conoscenza e approfondimento.

Puoi parlarci brevemente dei tuoi progetti futuri?

Cardo reverso I – Life is but today (2024)

Mi piacerebbe pensare a dei progetti che possano includere le mie esperienze pittoriche, performative e installative insieme. Nel 2025 avrò mostre istituzionali e non, in cui spero di riuscire a lavorare in questa direzione. In primavera, come vincitrice del Premio Mavare, esporrò in una personale presso ForoG Gallery di Messina, in un progetto curato da Mariateresa Zagone e Roberta Guarnera. Successivamente avrò l’opportunità di lavorare con il Museo MuPa di Ginosa sotto la curatela del direttore artistico Piero Giannuzzi. Attualmente sto esponendo nella doppia personale Charlie Davoli – Elisa Zadi in “ Life Is but a day”, a cura di Maria Vittoria Pinotti con Mucciaccia Gallery Project di Roma, sotto la direzione artistica di Giulia Abate, e spero che questo rapporto lavorativo possa essere l’inizio di un nuovo percorso creativo.