Jo Hummel/L’arte del minimalismo e della ripetizione

a cura di Romina Ciulli e Carole Dazzi

Stars Wrapped in Skin II, 2025

Le opere dell’artista Jo Hummel sono caratterizzate da un equilibrio minimalista, fatto di forme simboliche che richiamano concetti spirituali, e colori pastello che producono inaspettate vibrazioni sensoriali. Una costruzione geometrica e stratificata, intenzionalmente astratta, attraverso la quale vengono indagate tematiche legate alla condizione umana, al quotidiano, alla ripetizione e alla soggettività. Ed è la carta il materiale centrale dei suoi lavori, manipolata con forbici e altri strumenti della vita quotidiana, con la quale vengono realizzati dei collage pittorici, che non solo rispecchiano il flusso costante del processo creativo, ma si addentrano anche nelle dinamiche primitive del subconscio umano. Parliamone con l’artista.

Crystalline I, 2025

Il minimalismo rappresenta uno degli aspetti fondamentali delle tue opere. Le tue pitture collage, infatti, sono concepite come una struttura armonica, dove simboli sacri ed elementi geometrici generano un senso ora di equilibrio mentale, ora di inquietudine interiore. Un continuo movimento creativo che trova nel processo stesso la base per indagare dinamiche interiori e personali. Puoi raccontarci come nascono i tuoi lavori?

Questa è un’introduzione accurata. Come hai detto tu, l’opera viene realizzata con il collage. Coloro i fogli di carta per acquerello e ne preparo la forma con forbici e taglierini, lavorandoci per un lungo periodo di tempo, apportando molte modifiche finché il dipinto non si rivela autonomamente. Molto spesso ci sono ripetizioni, tutto è in continuo mutamento fino al raggiungimento di un equilibrio. Sento che un dipinto è finito fisiologicamente. È un cambiamento fisico nel mio sistema nervoso, è qualcosa che mi dà sicurezza.

Weekend, 2023

Un altro elemento importante è il colore. Le tonalità pastello, le gradazioni tenui e le variazioni monocromatiche, oltre ad avere un impatto visivo ed estetico intenso, sembrano trascendere il senso di realtà a favore di una percezione più profonda della creatività. In che modo dunque l’uso del colore influenza la tua pratica artistica?

Per molti anni ho utilizzato colori brillanti, in stile Bauhaus, creati con l’acrilico. All’epoca, l’elevata energia e le illimitate opzioni di colore tra cui poter scegliere mi sembravano cruciali. Sono stata ispirata da un commento dell’artista Martin Creed, che parlava dell’ansia causata dal dover scegliere un unico colore. Così, per risolvere il problema, decise di utilizzarli tutti. Mi sono immedesimata e ho applicato questa scelta alla mia pratica artistica. Recentemente il mio lavoro si è spostato verso l’uso di coloranti e pigmenti botanici naturali.

Prism I, 2025

Mi sentivo insoddisfatta dei colori sintetici e, per pura coincidenza, mi sono riavvicinata alla storia della mia famiglia, scoprendo che il mio bisnonno, il Prof. John James Hummel, fu il primo professore di tintura allo Yorkshire College. Era per metà svizzero e si formò come chimico a Zurigo prima di tornare nel Regno Unito al culmine della rivoluzione industriale. Il suo libro sull’industria, intitolato The dyeing of textile fabrics, era rinomato a livello internazionale per aver descritto dettagliatamente i metodi necessari per estrarre il colore in modo naturale per la produzione in serie di tessuti e stampe. Ho usato il suo libro come guida per sviluppare il colore naturale nel mio lavoro.

Conscious Dust II, 2025

I tuoi collage sono realizzati principalmente attraverso la carta. Si tratta di un materiale quotidiano, familiare, che può essere manipolato, frammentato, stratificato. Inoltre ogni pezzo, conservando in qualche modo emozioni e vissuti personali, una volta “montato” all’interno dell’opera ha la capacità di rispecchiare storie ordinarie, semplici e perfino imperfette. Puoi spiegarci perché hai scelto proprio la carta? E perché la consideri come il mezzo più oggettivo per raccontare la realtà?

Ho una vera passione per il lavoro su carta. È un materiale così umile, la cui morbidezza e fragilità aggiungono una componente vitale al risultato finale dell’opera. Ho sempre apprezzato gli schizzi preparatori degli artisti molto più di un capolavoro finito. Evocano in me molta più intimità e curiosità e cerco di trasmettere questa essenza nelle mie opere attraverso l’utilizzo della carta.

Everywhere, 2021

In realtà la natura stessa del collage presuppone continuamente un’azione di scelta, di intuizione, di esplorazione di molteplici risultati possibili, attraverso gesti spontanei, naturali, se vogliamo quasi mentali. Quanto questo tipo di sperimentazione risulta propedeutico all’elaborazione dell’opera?

Ragiono molto sulla possibilità di accedere al regno del subconscio attraverso l’azione del collage. È un’attività esplorativa ideale per riuscirci. Dopo un po’ di tempo fai delle scelte che provengono da un luogo che si trova nel profondo di un paesaggio onirico. Presto costantemente attenzione a ciò che si sta evolvendo, prendendo nota degli sviluppi per orientare il lavoro verso un’esperienza di maggiore onestà.

Spectre II, 2025

Un altro aspetto ricorrente nel tuo lavoro è quello della ripetizione. Le forme dei tuoi collage, infatti, sembrano organizzarsi in strutture simmetriche, cicliche, ripetute, riflettendo in questo modo la consuetudine comune, fatta di eventi rituali e ricorrenti. Una sorta di ordine rassicurante che in realtà nasconde il disordine naturale della condizione umana. In che modo dunque questa modalità costruttiva del ripetere influisce sulla tua ricerca artistica.

Sono un po’ ossessionata dal ritmo, dagli schemi e dai cicli. È un linguaggio che si intreccia con la natura, l’umanità e il cosmo. Visivamente, la ripetizione ha un effetto rilassante e mi interessa capirne il perché. Ci dice molto sulla condizione umana. La nostra prima esperienza umana è quella del battito del cuore di nostra madre.

Sing our way home,2025

Nelle tue creazioni più recenti, fra cui Sing Our Way Home (2025) e Deep Time (2025) presentate alla Macadam Gallery di Bruxelles, il colore e la forma si rivelano fondamentali per approfondire concetti metafisici, allo scopo di rendere lo spettatore consapevole del rapporto che ci lega alla materia e all’universo che ci circonda. Come sono nati questi due lavori?

Ho riflettuto a lungo sui concetti che circondano il panpsichismo e sulla teoria secondo cui tutta la materia organica, animata o inanimata, contiene il potenziale per la consapevolezza. È un campo di pensiero molto ricco, soprattutto quando si estrae il colore da pigmenti e tinture. Questa teoria risuona profondamente con i concetti di interconnessione. Deep Time e Sing Our Way Home sono riflessioni sulle origini e sul ruolo dell’umanità sulla Terra. Sto riflettendo sulla vita da una prospettiva che si spinge oltre la dimensione umana.

Looking out, 2023

Invece nella mostra Looking Out (2023), tenutasi a Cape Town, elementi della natura, come quelli legati all’oceano, diventano un veicolo per connettersi con la propria interiorità. Una sorta di riflessione artistica, dove il guardare fuori serve per guardare meglio dentro se stessi. Puoi parlarci di questo progetto?

Lavoro su un’isola. Si guarda sempre fuori da un’isola. La netta linea di demarcazione tra mare e cielo è un motivo ricorrente nelle mie opere fin da quando ho iniziato a dipingere seriamente. Quando si guarda l’orizzonte, si attiva il sistema nervoso parasimpatico ampliando il campo visivo. Gran parte del mio lavoro cerca di creare lo stesso effetto, spostando l’attenzione ai margini del dipinto. Esiste una parola tedesca, Sehnsucht, che si traduce in un desiderio inspiegabile. Stavo riflettendo su questo concetto mentre realizzavo Looking Out.

Alpha, 2025

Ci sono degli artisti che hanno ispirato o che continuano a ispirare il tuo lavoro?

Ho un’affinità con l’opera di Agnes Martin. Martin intreccia temi di spiritualità, in particolare il taoismo e la sua enfasi sulla trascendenza della natura e sull’integrazione di corpo e mente. Visivamente, il suo lavoro mi ha davvero colpito. Le composizioni riduttive, geometriche e sottili inducono contemporaneamente un senso di radicamento e di elevazione.

I Kicked a boy, 2024

Puoi parlarci dei tuoi progetti futuri?

I prossimi 12 mesi saranno impegnativi. Attualmente sto lavorando a una mostra personale per la Galleria Macadam in Belgio. La Macadam è uno spazio meraviglioso e sono entusiasta di presentarla lì. Successivamente avrò una personale a Monaco con la Galleria Benjamin Eck, seguita da una personale a Los Angeles alla Galleria Gruin. Per il 2025 mi aspetto qualcosa di davvero speciale. Sarò artista in residenza presso Thread, in Senegal, a cura della Fondazione Joseph e Annie Albers. Adoro creare quando sono immersa in un’altra cultura. Sono davvero entusiasta di questa opportunità e di vedere l’impatto che il Senegal avrà sulla mia pratica artistica.