Open dialogues: Cenzo Cocca

a cura di Margaret Sgarra, curatrice di arte contemporanea

Friscura

Cenzo Cocca, nato a Ghilarza, ha fatto del ricamo la sua cifra stilistica, mettendo in connessione fili e riflessioni. Formatosi all’Accademia di Sartoria, coniuga il tessile con l’arte contemporanea, dando vita a installazioni ibride piene di significati nascosti.

La tua ricerca artistica ha come elementi di riferimento il ricamo e la scrittura. Puoi raccontarci perché hai scelto queste due modalità visive all’interno del tuoi lavori?

Credo sia stato un passaggio molto naturale. Nel 2014 ho deciso di seguire un desiderio: quello di imparare a cucire. Ho iniziato con un corso base e, l’anno successivo, nel 2015, ho scelto di intraprendere un percorso accademico che mi ha permesso di approfondire la tecnica.

Durante gli studi ho iniziato a sperimentare con i materiali, in particolare con la carta. Da lì ho cominciato a realizzare i miei primi lavori ricamati a mano: i ritratti. È sul retro di queste prime opere che compare per la prima volta la parola, inizialmente scritta a penna o con i pastelli. Successivamente, la parola ricamata fa la sua comparsa nel 2019, quando la inserisco nelle planimetrie ricamate su carta. Nel 2021 prende poi forma una vera e propria ricerca sull’uso della parola, che viene isolata e diventa testo ricamato. Quasi sempre utilizzo vecchi centrini o fazzoletti che recupero dai cassetti, oppure che mi vengono spesso donati.

Testi ricamati

Nelle tue opere sono spesso presenti delle brevi frasi. Come vengono scelte e che significato hanno per te?

È un modo per dare forma ai pensieri, che cerco di esprimere attraverso i colori. L’idea è anche quella di lavorare sul retro del supporto, una parte per me fondamentale del processo creativo. Il retro è, infatti, il cuore dell’opera, genera un linguaggio nuovo, incomprensibile, che diventa una nuova immagine. Sono parole dunque che trapassano lo sguardo e, come filamenti, si depositano nella memoria.

I pensieri scavano dove lo sguardo non arriva

Un altro elemento ricorrente nella tua poetica sono le carte francesi con riferimento ai semi di cuori. Che cosa rappresentano?

Si tratta di un altro percorso di ricerca nato durante gli studi, in parallelo a quello del ricamo. Durante le pause di cucito ho iniziato a spogliare le carte dai loro semi e a immaginare piccole e brevi storie. Ho cominciato a raccontarle, giocando con le carte stesse e con i semi. Sono così nate le prime opere in cui compaiono due personaggi, quasi sempre presenti, ovvero Frankie e G. I due sono i protagonisti di brevi scene che indagano il tema dell’amore in tutte le sue sfumature.

 

Citazione dei Verdena

Approfondendo i riferimenti musicali, ho notato che citi i Verdena, un gruppo a me caro. Questo gruppo utilizza il linguaggio in maniera non lineare, portando gli ascoltatori a interpretare i loro pezzi. Ci sono degli aspetti comuni tra la loro musica e la tua ricerca?

Credo che nella domanda che mi hai fatto ci sia già la risposta. In alcune opere, infatti, scelgo di lavorare sulla frammentazione di emozioni, segni e parole, creando una sorta di collage. Ne nascono lavori che non seguono una linea precisa o una forma definita. In questo modo cerco di lasciare allo spettatore la massima libertà d’interpretazione, invitandolo a costruire un proprio significato, e a lavorare sulla propria memoria. Tornando invece ai Verdena, uno dei miei gruppi preferiti che ascolto fin da quando ero piccolo, amo in particolare la forza evocativa dei loro testi. La musica è per me una parte fondamentale, necessaria all’interno del processo creativo.

Telos_The soft wall

Se dovessi etichettare il tuo lavoro, come lo definiresti? E cosa vuoi trasmettere attraverso di esso?

È una bella domanda! Mi piace pensare al mio lavoro come a una traduzione. Una traduzione di emozioni che attraversano il corpo e si trasformano, prendendo forma nell’opera. Ogni lavoro nasce da un sentire che diventa segno, materia, colore. Mi piacerebbe riuscire a emozionare, creare contrasti e domande, suscitare in chi guarda un movimento interiore. Spero davvero di riuscire a farlo.

Inquinamento di silenzio 

In Paesaggio digitale affronti la questione della tecnologia in rapporto alle relazioni interpersonali. Qual’è il tuo pensiero a riguardo, e cosa vuole comunicare attraverso questo lavoro?

Dal 2024 porto avanti una ricerca artistica che esplora il rapporto tra l’essere umano e la tecnologia, e il suo impatto sulla vita quotidiana. Recupero oggetti tecnologici che hanno segnato la crescita delle persone e li rivesto con tessuti ricamati, annullandone la funzione originale, per trasformarli in strumenti di introspezione. Con questo gesto mi “approprio” di loro, così come essi hanno influenzato la mia vita e, in qualche modo, si sono appropriati della mia. Attraverso questo procedimento lento e meditativo, creo una nuova dimensione in cui la tecnologia viene completamente trasformata da un materiale naturale, simbolo del linguaggio umano e della natura. Questo lavoro, come gli altri che fanno parte della stessa ricerca, vuole essere un invito a fermarsi, riflettere e riscoprire un contatto più profondo con se stessi e con il presente.

Secondo te a cosa serve l’arte? E soprattutto qual’è il compito dell’artista nella contemporaneità?

Ho sempre creduto che il ruolo dell’artista nel contemporaneo sia quello di un osservatore attento, un interprete e un mediatore del tempo in cui vive, capace di creare spazi di riflessione che attivano processi di indagine interiore. Credo sia importante, e necessario, generare stimoli attraverso opere, installazioni o qualsiasi altra forma espressiva che possa invitare a riflettere sulla consapevolezza del presente, in un mondo che ormai corre a un ritmo sempre più veloce.