Il Museo della Vagina

Scritto da Elisa Locati, esperta in Studi Museali

Nei mesi scorsi, a seguito dello scandalo venutosi a creare dal caso Harvey Weinstein e del movimento #metoo che ha inondato le piattaforme social, la posizione della donna in ogni aspetto della società è stata messa sotto scrutinio diretto in una nuova luce politica e sociale. Grazie al ritrovato interesse del pubblico e alle molteplici storie che hanno evidenziato la malsana cultura maschilista traspirata in TV, giornali e piattaforme social, una rivoluzione tutt’altro che silenziosa ha preso piede e sta lentamente trasformando il nostro concetto della donna e la sua posizione nella società.

Un posto in particolare dove questa rivoluzione sta lentamente, ma inesorabilmente mettendo radici è lo spazio museale. Nonostante questo sia stato un’invenzione del curatore borghese di razza bianca e creato per il suo proprio piacere (molti dei primi musei e gallerie d’arte create nel XVIII secolo altro non erano che collezioni private che erano state rese accessibili solo a un ristretto pubblico e per il semplice piacere narcisistico del loro proprietario) e sebbene il museo sia un inconsapevole baluardo della filosofia occidentale, il museo sta ora lentamente cambiando la sua mentalità, e il dualismo che vede l’uomo bianco come soggetto e la donna come oggetto sta lasciando spazio alle teorie femministe e alla loro idea di dare una voce all’ “altro”.

Uno dei musei che meglio incarna questa nuova filosofia è il Museo della Vagina, un posto unicamente dedicato all’organo genitale femminile. L’idea per il Museo della Vagina nacque nel marzo 2017 quando una comunicatrice scientifica e popolare creatrice di video su YouTube decise di iniziare le ricerche sulle più interessanti vagine del mondo animale per la creazione di un video che andasse di pari passo con il suo precedente “Top 10 Weird Animal Penises – La Top 10 dei Più Stravaganti Peni Animali”. Tuttavia, trovare informazioni sul soggetto si dimostrò difficile. Sapeva dell’esistenza del Museo Islandese del Pene e decise di cercare un equivalente Museo della Vagina che potesse aiutarla a raccogliere informazioni sul soggetto. Non ne trovò nessuno e si sentì in dovere di rettificare questa situazione. Dopotutto, perché no… giusto?

Con la sua esperienza nel mondo dell’intrattenimento sapeva che il primo passo era stabilire se vi fosse un pubblico per un museo dedicato all’organo riproduttivo femminile. L’esistenza e la magnitudo di questo interesse divennero apparenti subito dopo il primo evento, una serata introduttiva che venne pubblicizzata online e fece il tutto esaurito. Questo successo iniziale la spinse a informarsi su come creare un museo nel ventunesimo secolo e iniziò subito a cercare i membri del consiglio di amministrazione del museo.

La prima fase di programmazione iniziò nel maggio 2017 e, tre mesi dopo, l’esibizione, “Exhibitionist” venne portata al Fringe Festival di Edimburgo per rappresentare il museo. Da quel momento in poi, gli eventi offerti dal museo sono stati molti e vari e hanno spaziato da visioni di film a workshop e lezioni, da spettacoli, conferenze ed esibizioni, e sono stati tenuti in alcune importanti sedi come il Museo di Freud, la Hackney Showroom e Conway Hall.

L’evento in programma ora, “Is Your Vagina Normal? – La tua vagina è normale?” è stato portato ai London Metropolitan Archives, al Feminist Library, al Museo della Scienza e a festival come il Pride, il Green Man Festival e il British Science Festival, oltre che a Parigi per la manifestazione “Ma sexualité n’est pas un handicapLa mia sessualità non è un handicap”.

A questi eventi, il pubblico è rimasto affascinato dal concetto del museo e incuriosito dal suo soggetto principale.  Molti hanno preso parte ai giochi e hanno espresso il loro entusiasmo per il progetto e per il fatto che il Museo della Vagina miri a essere inclusivo per quanto riguarda il genere e intersezionale. Particolarmente popolare è stato il gioco sulle mutazioni genetiche legate all’intersessualità, la scheda di approfondimento “Can You Name all the Parts? – Sai tutti i nomi?” e il gioco “Is It Normal and Healthy? – È normale e sano?”.

Le volontarie sono ben preparate e riescono, con il loro entusiasmo, a convincere i visitatori e i passanti a fermarsi un po’ più a lungo e prendere parte nelle attività che hanno un focus informativo ed educativo. Inoltre, offrono piccoli gadget gratuiti come un lubrificante organico a base di olio vegetale, adesivi, il libretto “So What is a Vulva Anyway? – E quindi, cos’è una vulva?” e un foglio informativo sugli esercizi Kegel che esplica come possono essere fatti e perché le donne dovrebbero farli. Altre attività che si possono trovare al loro stand sono “Design Your Own BuntingCrea la tua bandierina”, che dovrebbe avere un tema “vaginale”, e un cartellone che rappresenta un post di Instagram intitolato “What face do you make when doing your pelvic floor exercises? #KegelFaceChe faccia fai quando fai gli esercizi per il pavimento pelvico? #KegelFace”, del quale i visitatori possono fare una foto e postarla sui social, taggando il museo.

Nonostante il successo ricevuto fino ad ora, il museo non possiede ancora una collezione vera e propria. Tuttavia, l’apertura di una sede permanente del museo è prevista per il 2032, possibilmente a Londra. Idealmente, i membri del consiglio vorrebbero trovare un luogo che abbia un’illustre storia femminista. La Prigione di Holloway, che in questo momento è in ristrutturazione e in vendita, sarebbe un posto ideale per il museo. Una volta creato, il museo avrà una collezione permanente divisa in quattro aree tematiche: scienza, cultura, società e storia. Nel museo i visitatori attraverseranno per prima la collezione scientifica. Il focus di questa collezione sarà quello di educare il pubblico su questioni scientifiche che riguardano l’anatomia dell’organo riproduttore femminile, di parlare di gender e sessualità, e di esplorare temi riguardanti la salute e la prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili. Nella collezione culturale l’argomento principale sarà l’anatomia ginecologica nelle arti. I pezzi che saranno mostrati nella galleria saranno scelti non solo per il loro valore artistico, ma anche per la loro importanza nel discorso sulla rappresentazione ginecologica. La collezione sociale sarà principalmente incentrata su soggetti come la religione, la mitologia e la sessualità nelle società ai giorni nostri. Parlerà di questioni legate allo sfruttamento sessuale, la mutilazione degli organi genitali femminili, la repressione sessuale, la tratta delle schiave del sesso, violenza e repressione, e i delitti d’onore. In altre parole, porterà all’attenzione del visitatore temi che si possono trovare nei giornali ai giorni nostri. Infine, la collezione storica porterà il visitatore a fare un giro per le varie ere di storia ginecologica con un’enfasi sulla medicina ginecologica e ostetricia, prodotti mestruali e contraccettivi, storia della prostituzione e dell’LGBT+, standard di bellezza e di come questi siano cambiati nei secoli.

È importante notare come la fondatrice sia particolarmente interessata al collegamento tra musei, salute e benessere. Ha infatti creato una campagna di raccomandazioni e consapevolezza oltre alle attività del museo e alle esibizioni, e vuole farsi sentire a più livelli e avere un solido programma pubblico che ricerca collaborazioni con altri gruppi e organizzazioni benefiche.

Il museo avrà inoltre un negozio dove i visitatori saranno in grado di comprare libri, gadget, souvenirs, sex toy, preservativi, tamponi e altri prodotti igienici femminili. Il bar venderà cupcake e dolci decorati con vagine e, tra le altre bevande, avrà i Vapuccino: cappuccini decorati con una linea sopra la schiuma per dargli l’apparenza di una vagina. Curiosamente, il bar venderà solo prodotti vegani, visto che uova e latte sono spesso considerati un simbolo di oppressione femminile dagli attivisti.

Quello che possiamo dire del Museo della Vagina è che fino ad ora è un progetto ben sviluppato che è stato pianificato con intelligenza e che ha importanti obiettivi da raggiungere nei prossimi dieci anni. Al momento sta fidelizzando il proprio pubblico con la sua esibizione, e le sue attività sono principalmente incentrate sulla raccolta fondi per poter trovare un sito permanente per le future collezioni. Senza dubbio, il suo costante sviluppo e i continui cambiamenti sono affascinanti da osservare, e sarà interessante vedere dove il futuro porterà questa istituzione.

 

 

 

Elisa Locati ha conseguito una laurea in Studi Museali all’Università di Leicester. La sua tesi ha riguardato il ruolo della donna all’interno del museo ed è particolarmente interessata al legame tra musei/salute e benessere. E’ volontaria al Museo Wimbledon Windmill dove ricopre la posizione di front office e al Centro e Museo Nazionale dell’Olocausto come traduttrice. Il suo sogno è lavorare con le minoranze e le comunità in modo che possano trarre beneficio dal lavoro dei musei. 

 

 

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